L’artista

Ferruccio D’Angelo è nato a Civita (Cosenza); frequenta l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e conclude gli studi discutendo una tesi su Piet Mondrian e il Neoplasticismo. Attualmente è docente di Teoria e Metodi della Comunicazione Visiva e Discipline Plastiche presso il Primo Liceo Artistico di Torino.
Nella prima parte del suo percorso artistico, si dedica a una serie di passaggi stilistici che lo porteranno a una ricerca pittorica che muove da subito verso i grandi movimenti dello Spazialismo Informale del quale condensa le esperienze salienti dei massimi esponenti, dall’action painting di Pollock, Willem de Kooning e Franz Kline. È affascinato in particolar modo dal milanese Lucio Fontana e dal russo (ma naturalizzato americano) Marc Rothko.
Nella seconda metà degli anni ’80 conosce personalmente alcuni esponenti dell’arte povera (Merz, Pistoletto, Zorio,) con i quali entra in rapporti di amicizia presso lo Studio Noacco, propria galleria di riferimento.
In seguito sviluppa una ricerca sul ruolo dell’arte nel nuovo contesto sociale, in un nomadismo linguistico che va dalla pittura alla scultura, all’installazione. L’artista trova le sue fonti d’ispirazione nelle fascinazioni e nelle ambiguità della società contemporanea: residui o scarti industriali, lattine, bidoni, pellicole fotografiche, cartone, elevati a simbolo della condizione contemporanea, diventano protagonisti delle sue opere (L’albero della vita, l’albero della morte, Galleria Gabriele Fasolino, 1987; Un operaio, Studio Noacco, 1989; Cinema, Galleria Piero Cavellini, Milano, 1991; Galleria Unimedia, Genova). Nel 1992 partecipa a D’ora in avanti, 30 giovani artisti, 44° Premio Michetti, Fondazione Michetti, a cura di Renato Barilli, e l’anno successivo è presente alla Biennale d’Arte Contemporanea Rentrèe Premio Marche. A Torino, nel 1994 partecipa a Il giardino dell’arte, Ex zoo Parco Michelotti, e a Equinozio d’autunno (Galleria Franz Paludetto, Castello di Rivara); nel 1995 è presente con un’installazione al Museo del Paesaggio di Verbania. E ancora nel 1997 realizza una serie di dipinti sul coperchio di bidoni della spazzatura ad Officina Italia, presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, e partecipa a Va pensiero. Arte italiana 1984-1996, promossa dai Musei Civici di Torino. Negli anni successivi, ancora una serie di mostre personali e pubbliche. Tra queste, Una Babele post moderna (Palazzo Pigorini, Parma, 2002); Interni Italiani 4. Novarum (Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen, 2005); BAM/Biennale d’Arte Moderna e Contemporanea del Piemonte (Villa Giulia, Verbania, 2006). BAM Project ArtDesign (Villa Giulia, Verbania, 2008); Biennale Internazionale di Sabbioneta (Mantova , 2010); Biennale Internazionale di Jinan (Cina, 2010); Un’Altra Storia ex chiesa di San Francesco (Como, 2011); Via col Vento, Museo Arte Bambina (Vittorio Veneto,Treviso, 2012); Un’Altra Storia2. Arte Italiana 1980-1990″ (CCC-T Ex Birrificio Metzger, Torino, 2012); BAM Piemonte Project 5Contemporary Photobox (Chieri, 2012); Museo dei Brettii e degli Enotri (Cosenza, 2012).
Nell’ultimo decennio l’artista si sgancia dalle tematiche fisse alle quali non è più interessato. S’interroga sui mille perché dell’esistenza, sulle problematiche della luce, dell’ombra, della forma, dello spazio, della materia e dello scorrere del tempo. A chi gli chiede “Quali sono i tuoi soggetti?”, lui risponde: “I miei soggetti sono le domande che mi pongo”.
Hanno scritto di lui:
Lucio Cabutti, Sandro Cherchi, Elena Pontiggia, Maria Teresa Roberto, Francesco Poli, Edoardo Di Mauro, Viana Conti, Boris Brollo, Maria Campiteli, Sandro Ricaldone, Renato Barilli, Aldemar Schiffkorn, Enrico Crispolti, L. Spadano,Tiziana Conti, R. Boston, L. Borghesan, A. Mistrangelo,Angelo Dragone, Mirella Bandini,Samuele Mazza,Cristina Morozzi, R. Di Caro,Lisa Parola, F. Fanelli, W. Santagata, N. Corradini,Arturo Quintavalle,Vincenzo Sanfo, Stefania Provinciali.

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L’operare di Ferruccio D’Angelo ha origine nella Torino degli anni Ottanta, in quell’area che riprendendo aspetti della tradizione dell’Arte Povera, soprattutto dal punto di vista dell’installazione, è pronta a cogliere le tensioni della contemporaneità sullo sfondo di una figurazione colta e simbolica.
In affinità con queste linee guida, Ferruccio D’Angelo propone materiali metallici e il nero bituminoso, bidoni di latta e coperchi, PVC e cartoni, elementi “poveri”, che rivivono in una dimensione ludica.
Rose appassite e città soffocate dall’inquinamento e dal nero petrolio, dipinte sui coperchi dei bidoni di latta.
Così nasce la sua poetica visiva proposta nel 1989 presso lo Studio Noacco, galleria dell’hinterland torinese che lavora con gli artisti dell’Arte Povera, così le sue nature morte esposte nella personale alla galleria Crossing di Venezia (1990), e nella collettiva, sempre alla galleria Crossing, insieme tra gli altri a Marco Gastini, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio e Giorgio Griffa.
All’inizio degli anni Novanta la galleria Piero Cavellini di Milano organizza una personale dell’artista torinese con un’installazione imponente, dal titolo “Cinema”: una sala cinematografica con sedie realizzate con bidoni di metallo impilati e usati come strutture dei sedili.
Alla personale, presentata dall’allora commissario alla Biennale di Venezia Renato Barilli, seguiranno importanti mostre pubbliche, come “D’ora in avanti, 30 giovani artisti. 44° Premio Michetti”1992; “Rentrée. Premio Marche 1993; “Officina Italia” alla galleria d’arte Moderna di Bologna, “Va’ pensiero. Arte italiana 1984-1996”, Torino (1997); Biennale Internazionale di Sabbioneta (2010); Un’Altra Storia, ex chiesa di San Francesco, Como (2012).

Boris Brollo, Critico d’arte, Venezia 2016

 


 

Ferruccio D’Angelo di matrice post-poverista
D’Angelo è sicuramente figlio di tutti quei fermenti di cui scrivevo prima e che si vedono affiorare all’interno della sua ricerca in una maniera sottile, quasi come un’eco lontana di un linguaggio che ha fatto già storia e che, nell’ambito torinese, ha creato nuove personalità e nuovi percorsi.
D’Angelo ha quindi assorbito quell’atmosfera di fronda artistica, non negandosi alcuna strada per la sua ricerca, sia attraverso installazioni di matrice post-poverista, sia nella rilettura di un ritorno alla pittura del tutto singolare e personale. D’Angelo non è un epigono, ma un sincero cultore dell’anarchia artistica, intesa come libertà espressiva e come unica strada percorribile per chi voglia lasciare dietro di se un qualche messaggio, un sicuro riferimento per coloro che verranno dopo di noi.
Il mio girovagare tra Stati Uniti e Cina, tra Sud America e Africa, tra capitali europee e atelier di artisti di mezzo mondo, mi permette di collocare il lavoro di Ferruccio D’Angelo in un contesto sicuramente internazionale e di dare alla sua ricerca costante, instancabile, continua, una patente di internazionalità non conferibile a tutti e di credere nella sincerità della sua ricerca.
L’opera di Ferruccio D’Angelo è quindi storicamente collocabile al centro del dibattito artistico del nostro tempo, degna di essere comparata alle grandi figure dell’arte torinese.
Vincenzo Sanfo – Curatore della Biennale d’Arte di Pechino